martedì 5 maggio 2015

Il Cinque Maggio - Alessandro Manzoni








Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita
la terra al nunzio sta,
muta pensando all'ultima
ora dell'uom fatale;
né sa quando una simile
orma di piè mortale
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà.
Lui folgorante in solio
vide il mio genio e tacque;
quando, con vece assidua,
cadde, risorse e giacque,
di mille voci al sònito
mista la sua non ha:
vergin di servo encomio
e di codardo oltraggio,
sorge or commosso al sùbito
sparir di tanto raggio;
e scioglie all'urna un cantico
che forse non morrà.
Dall'Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno;
scoppiò da Scilla al Tanai,
dall'uno all'altro mar.
Fu vera gloria? Ai posteri
l'ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
del creator suo spirito
più vasta orma stampar.
La procellosa e trepida
gioia d'un gran disegno,
l'ansia d'un cor che indocile
serve, pensando al regno;
e il giunge, e tiene un premio
ch'era follia sperar;
tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
la fuga e la vittoria,
la reggia e il tristo esiglio;
due volte nella polvere,
due volte sull'altar.
Ei si nomò: due secoli,
l'un contro l'altro armato,
sommessi a lui si volsero,
come aspettando il fato;
ei fè silenzio, ed arbitro
s'assise in mezzo a lor.
E sparve, e i dì nell'ozio
chiuse in sì breve sponda,
segno d'immensa invidia
e di pietà profonda,
d'inestinguibil odio
e d'indomato amor.
Come sul capo al naufrago
l'onda s'avvolve e pesa,
l'onda su cui del misero,
alta pur dianzi e tesa,
scorrea la vista a scernere
prode remote invan;
tal su quell'alma il cumulo
delle memorie scese.
Oh quante volte ai posteri
narrar se stesso imprese,
e sull'eterne pagine
cadde la stanca man!
Oh quante volte, al tacito
morir d'un giorno inerte,
chinati i rai fulminei,
le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono
l'assalse il sovvenir!
E ripensò le mobili
tende, e i percossi valli,
e il lampo dè manipoli,
e l'onda dei cavalli,
e il concitato imperio
e il celere ubbidir.
Ahi! Forse a tanto strazio
cadde lo spirto anelo,
e disperò; ma valida
venne una man dal cielo,
e in più spirabil aere
pietosa il trasportò;
e l'avviò, pei floridi
sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio
che i desideri avanza,
dov'è silenzio e tenebre
la gloria che passò.
Bella Immortal! Benefica
Fede ai trionfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
ché più superba altezza
al disonor del Gòlgota
giammai non si chinò.
Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
il Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò.


domenica 3 maggio 2015

I tuoi occhi mi toccano (Marc Chagall)




Marc Chagall - Vave



Con te sono giovane
quando laggiù gli alberi minacciano
e il cielo svanisce in lontananza
i tuoi occhi mi toccano.
quando ogni passo si perde sull'erba
quando ogni passo sfiora le acque, 
quando le onde mi fervono in testa
e dall'azzurro qualcuno mi chiama
con te sono giovane.
Cadono i miei anni come foglie
e qualcuno colora le mie tele.
allora esse brillano di te
e sul tuo volto il sorriso à radioso, 
più chiaro assai delle nubi più chiare...
Allora io corro dove sei, 
dove mi pensi e dove mi attendi.



Chagall si risposò nel 1952 con Valentina (detta "Vave") Brodsky, anch'ella di origini russe ed ebrea, con la quale scoprì la Grecia. Nel 1957 si recò in Israele, dove nel 1960 creò una vetrata per la sinagoga dell'ospedale Hadassah Ein Karem e nel 1966 progettò un affresco per il nuovo parlamento. Viaggerà anche in Russia, dove sarà accolto trionfalmente, ma si rifiuterà di tornare nella nativa Vitebsk.